Cos’è l’infarto miocardico
Complice anche l’innalzamento dell’aspettativa di vita, nel mondo si registra un aumento delle patologie cardiovascolari che rappresentano la prima causa di morte.
L’infarto del miocardio è una sindrome causata dall’ostruzione di una o più arterie del cuore (coronarie) la cui occlusione, riducendo l’apporto di sangue e quindi di ossigeno, danneggia il muscolo cardiaco (miocardio) determinando la morte (necrosi) di una parte delle sue cellule.
L’ostruzione è dovuta alla formazione di placche aterosclerotiche costituite prevalentemente da colesterolo e da trombi che, in determinate condizioni, si formano su queste placche.
Il sintomo “classico” della mancanza di ossigeno alle cellule cardiache è un intenso dolore (angina) al centro del torace che può irradiarsi alle braccia, al collo o alla mandibola associato, a volte, a sudorazione o affanno.
Alcuni infarti, negli anziani e nei diabetici, sono detti “silenti” perché non provocano dolore e vengono scoperti solo dopo aver effettuato un elettrocardiogramma (ECG). La diagnosi si basa, oltre che sul quadro clinico, sull’aspetto dell’ECG e sull’aumento della concentrazione di alcune sostanze (enzimi) che vengono liberate nel sangue dal muscolo cardiaco danneggiato.
Fanno parte del work up diagnostico l’ecocardiografia e lo studio delle coronarie mediante angiografia coronarica, presupposto per procedere alla dilatazione della coronaria occlusa (angioplastica).
L’elemento più importante nella terapia dell’infarto acuto è il tempo (“il tempo è muscolo ”), che sottolinea il fatto che più rapidamente si fa diagnosi e si arriva alla riapertura della coronaria più muscolo cardiaco è possibile salvare.
E ‘possibile ridurre le probabilità di andare incontro ad un infarto attraverso un “corretto stile di vita” mirante alla riduzione dei fattori di rischio, anche se la componente genetica (sesso e storia familiare) impatta significativamente (rischio immodificabile).
Per fattore di rischio si intende una specifica condizione che risulta statisticamente associata alla malattia e che può concorrere alla sua patogenesi, favorirne lo sviluppo o accelerarne il decorso.
I fattori di rischio su cui si può/deve agire (modificabili) sono molteplici tra cui:
1) gli elevati livelli di colesterolo e trigliceridi nel sangue. Il colesterolo è la componente fondamentale delle placche aterosclerotiche. Un livello alto di colesterolo “cattivo” (LDL) nel sangue aumenta il rischio di formazione delle placche nelle coronarie; spesso è il risultato di un’alimentazione ricca di grassi saturi e di colesterolo. Anche un eccesso di trigliceridi contribuisce ad accelerare l’aterosclerosi;
2) gli elevati livelli della pressione arteriosa. Con l’avanzare dell’età le arterie si irrigidiscono e la pressione sanguigna all’interno di esse si alza. Ciò può danneggiare le arterie accelerando il processo di aterosclerosi. Il rischio di ipertensione arteriosa aumenta con l’età, ma è spesso correlato ad un’alimentazione troppo ricca di sale o al sovrappeso.
3) il tabagismo, perché il fumo danneggia le pareti interne delle arterie favorendo i depositi di colesterolo e di altre sostanze, rallenta il flusso sanguigno ed aumenta il rischio di formazione di trombi che a loro volta provocano l’infarto.
4) l’obesità. Le persone obese hanno un’alta proporzione di grasso corporeo che aumenta il rischio di sviluppare l’aterosclerosi essendo associata ad elevati livelli di colesterolo, di pressione arteriosa e della glicemia.
5) la sedentarietà. Uno stile di vita sedentario favorisce lo sviluppo di elevati livelli di colesterolo, di diabete, di ipertensione arteriosa e di sovrappeso fino all’obesità. Le persone che praticano regolarmente esercizio aerobico hanno una migliore salute cardiovascolare e teoricamente un rischio minore d’infarto. L’esercizio fisico regolare è infatti benefico nel ridurre il peso corporeo, i livelli di pressione arteriosa, di colesterolemia e di glicemia.
6) Lo stress può, attraverso l’attivazione di alcuni ormoni (adrenalina, cortisolo) aumentare il rischio di infarto per possibile aumento della pressione arteriosa e favorire la rottura delle placche coronariche. Controllare il nostro cuore quando stiamo bene è il modo migliore per preservarlo dalle principali minacce alla sua integrità. E’consigliabile eseguire una visita cardiologica almeno ogni 5 anni se si hanno più di 40 anni di età e con maggior frequenza in presenza di fattori di rischio. Investiamo in prevenzione.